Decreto Sviluppo e Crisi d’Impresa: nuovi strumenti per l’imprenditore in difficoltà che cerca di evitare il fallimento

Decreto Sviluppo e Crisi d’Impresa: nuovi strumenti per l’imprenditore in difficoltà che cerca di evitare il fallimento

Inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte dai creditori nei tre mesi antecedenti al concordato.

 Il Decreto Sviluppo (D.L. n. 83/2012), ormai convertito in legge (L. n.134/2012), ha innovato numerosi aspetti della legge fallimentare (R.D. n. 267/1942), manifestando l’evidente proposito di agevolare la soluzione delle crisi aziendali attraverso le procedure alternative al fallimento, e soprattutto attraverso il concordato preventivo.

Il concordato viene visto infatti come uno strumento che può preservare il valore dell’azienda in difficoltà, con evidente vantaggio per i creditori e per l’economia in generale.

Un aspetto interessante è la nuova norma che prevede che le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso per il concordato preventivo sono inefficaci per i creditori anteriori al concordato stesso (art. 168 co. 3 L.F.)

Infatti cosa succede di solito? I creditori “più forti”, normalmente le banche, non appena hanno sentore delle difficoltà dell’impresa, non esitano ad ottenere, molto rapidamente, decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi nei confronti del debitore, iscrivendo immediatamente ipoteche giudiziali sui beni immobili dell’impresa.

Tali ipoteche di fatto rendono più difficile per l’imprenditore accedere al concordato evitando il fallimento, perchè gravano sui beni immobili aziendali, riducendo l’attivo che potrebbe essere utilizzato per la proposta di concordato.

Inoltre, è evidente che in tal modo i creditori “forti” vengono comunque soddisfatti tramite il bene ipotecato, mentre tutti gli altri, i creditori meno “organizzati”, rischiano di ottenre ben poco. Ciò appare particolarmente ingiusto se si considera poi che gli istituti di credito di solito ottengono, a garanzia del propio credito verso l’impresa, la fideiussione personale dell’ amministratore e dei soci, se non del coniuge, dei genitori, dei fratelli di questi ultimi , ampliando così notevolmente le propie possibilità di rientrare delle linee di fido concesse all’impresa.

Può accadere quindi che l’iscrizione di ipoteche giudiziali sui beni aziendali apra la strada al fallimento come unico sbocco alla crisi, quale ipotesi anzi preferibile per i creditori non ipotecari visto che nella procedura fallimentare le ipoteche giudiziali possono, a determinate condizioni, essere revocate, rimettendo così a disposizione dell’intera classe creditoria il valore del bene immobile.

La nuova norma fornisce una (parziale) via d’uscita alla situazione sopra decscritta, rendendo inefficaci le ipoteche giudiziali iscritte 90 giorni prima la pubblicazione del ricorso (che avviene il entro giorno successivo al deposito della domanda di concordato in cancelleria: art. 161 c. 5 L.F.).

Quindi è opportuno che l’azienda in crisi alla quale viene notificato da parte di una banca un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (e possiamo star certi che la banca in tal caso ha iscritto ipoteca giudiziale in presenza di beni immobili) rifletta molto attentamente (e rapidamente!) sulla propria situazione: potrebbe infatti essere il momento per valutare l’ipotesi del concordato preventivo (magari in vista della continuità e non della liquidazione dell’impresa), evitando che il patrimonio aziendale, spesso non ingente, non vada tutto a sola soddisfazione degli istituti di credito.

 

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