La crisi economica che è in atto dal 2008 sopratutto nel sud Europa ma più in generale nel mondo occidentale non sarà una crisi passeggera. Il mondo globalizzato ha consentito e consentirà a nuovi paesi emergenti di occupare gli spazi di mercato con i loro prodotti e i loro flussi migratori. I popoli che abbiamo soggiogato per secoli vogliono la loro fetta di benessere e a meno che non si pensi di combatterli scatenando una nuova guerra mondiale, dobbiamo accettare il loro diritto allo sviluppo, all’autodeterminazione e al riscatto.
Per questo motivo molte aziende stanno chiudendo e molte altre saranno costrette a farlo nei prossimi anni. Il modello di sviluppo in cui siamo nati e cresciuti è fallito e bisognerà inventarne un altro. Nel frattempo milioni di persone verranno espulse dal mondo del lavoro e molti giovani non riusciranno neanche ad entrarci.
Molte persone, giovani e meno giovani, dovranno inventarsi un nuovo lavoro e contribuire alla nascita di un nuovo modello di sviluppo non più incentrato sulla crescita a tutti i costi e su un benessere economico anacronistico e francamente insostenibile, ma sul valore sociale e umano dei nuovi beni e servizi che verranno creati.
Dalle ceneri del nostro tempo dovranno quindi nascere nuove imprese dal rinnovato valore sociale. Perché il motore del cambiamento non può che essere l’individuo che si organizza, da solo o con altri, per creare nuova ricchezza per la società in cui vive. Per questo motivo sono convinto che l’imprenditore resterà uno dei perni su cui innestare il nuovo modello di sviluppo della società.
In questa fase della nostra storia, che verrà ricordata per la grave crisi economica e di valori dell’occidente, è quindi indispensabile incoraggiare non solo l’avvento di una nuova generazione di imprenditori ma anche la rinascita di quelli che si trovano in difficoltà o che sono già falliti. Aiutandoli a ricominciare e incoraggiandoli a sviluppare nuove idee, nuovi prodotti e servizi adeguati alle mutate condizioni di mercato. Salvaguardando il loro patrimonio di idee, di entusiasmo e di esperienza. Chi è stato imprenditore lo sarà per sempre e se gli sarà data una seconda chance potete essere certi che non commetterà gli stessi errori in una nuova attività.
L’imprenditore è un uomo del fare. Il suo obiettivo è creare nuovi beni o servizi per la società aggregando vari fattori produttivi ( capitali, mezzi di produzione, forza lavoro e materie prime). Le sue capacità, le sue abilità professionali sono tutte tese a sviluppare l’azienda, creare ricchezza e affrontare i problemi organizzativi e gestionali.
L’imprenditore prende decisioni e si assume i rischi che queste comportano. Sa che una congiuntura economica sfavorevole, una scelta sbagliata o sfortunata, l’ingresso di un nuovo concorrente, possono condurre l’impresa in una situazione di crisi.
Ma l’imprenditore ha l’azienda nel cuore e l’amore che nutre nei confronti della sua “creatura” gli impedisce spesso di leggere con chiarezza e con il necessario distacco la reale situazione dell’azienda. L’imprenditore non pensa mai di poter fallire, anche quando la sua azienda è “tecnicamente” già morta.
Per questo motivo la crisi d’impresa non può essere affrontata dall’imprenditore in solitudine e gli servirà l’aiuto di un bravo professionista per uscire dalla situazione.
La prima cosa da fare per aiutare l’imprenditore in difficoltà è quella di analizzare insieme a lui la situazione di crisi mettendo in atto tutte le azioni che gli consentano di chiudere velocemente le situazioni pregresse e di pensare unicamente ai progetti futuri.
La seconda cosa da fare, se necessario, è intervenire con un sostegno psicologico all’imprenditore atto a fargli elaborare il “lutto” per la perdita della sua “creatura” ( l’azienda ) e per consentigli di ritrovare l’autostima, valorizzando le sue competenze e le sue qualità.
Il terzo passaggio è creare insieme a lui un piano d’azione per il futuro che se si concretizzerà nell’inizio di una nuova attività imprenditoriale nell’era della decrescita e del downshifting ( scalare marcia ). Un business plan per la nascita di un’ impresa destinata a diventare l’ ingranaggio di un nuovo motore: quello che equipaggerà il nuovo modello di società.
Dalla logica del profitto ad un profitto più logico. Perché l’impresa sia finalmente un “affare” per tutti, non la fabbrica del profitto per pochi.