Succede molto spesso che un cliente dell’impresa artigiana fallisca o acceda al concordato preventivo. In questi casi si pone il problema di verificare se l’artigiano possa godere del privilegio generale sui beni mobili del debitore, ai sensi dell’art. 2751 bis comma 1 n. 5 c.c.: non è solo una questione formale, infatti dal punto di vista pratico il riconoscimento del privilegio potrebbe essere l’unica possibilità per ottenere il pagamento integrale del proprio credito o per ottenere una percentuale “dignitosa” del dovuto.

Nella versione attuale, dopo la modifica del 2012, l’articolo in questione prevede che possono avvalersi del privilegio generale sui beni i crediti dell’impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni vigenti (inciso inserito proprio in occasione della variazione di legge), nonché delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.

Già prima della modifica la giurisprudenza aveva sempre ritenuto che non fosse sufficiente l’iscrizione all’albo artigiani (art. 5 legge 443/1985), essendo invece necessario dar prova anche di altri requisiti, in particolare con riferimento alla nozione di piccolo imprenditore (colui che svolge un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia: art. 2083 c.c.).

L’interpretazione della norma non sembra cambiare nella sostanza anche dopo l’aggiunta del 2012: la giurisprudenza di merito appare infatti orientata ad ancorare la definizione di imprenditore artigiano a quella data dalla legge quadro sull’artigianato.

Ecco allora che artigiano risulta “colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo” (art. 2 legge 443/1985); quindi solo in via secondaria il lavoro dell’artigiano può essere incentrato su attività amministrative e dirigenziali.

Oltre che in forma individuale, l’impresa artigiana può  essere esercitata (all’esito di modifiche intervenute nel 1997 e nel 2001) in forma cooperativa, come società in nome collettivo, come società in accomandita semplice, come società a responsabilità limitata unipersonale e pluripersonale, escluse solo le s.p.a. e le s.a.p.a., ossia le società a base azionaria. In ogni caso la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, deve svolgere in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo, e nell’impresa il lavoro deve avere funzione prevalente sul capitale. L’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa; nel caso di s.r.l. unipersonale e di s.a.s. il socio unico e ciascun socio accomandatario devono avere i requisiti di cui all’art. 2 e non possono essere unici soci di un’altra s.r.l. o soci di un’altra società in accomandita semplice  (art. 3 legge 443/1985).

È artigiana l’impresa che abbia per scopo prevalente l’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali (art. 3 legge 443/1985).

Vi sono poi dei limiti dimensionali: l’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione d’opera di personale dipendente diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci, ma senza superare un numero massimo di dipendenti (diverso a seconda dell’attività svolta: art. 4 legge 443/1985).

Naturalmente l’artigiano deve poi esser iscritto all’albo degli artigiani, istituito dall’art. 5 della legge quadro.

L’impresa che voglia vedere riconosciuto il privilegio artigiano per un proprio credito relativo alla prestazione di un servizio reso o alla vendita di un manufatto dovrà “provare” di essere in possesso di tutte le condizioni sopra descritte con riferimento al momento in cui è sorto il credito.

Come? Producendo in copia il certificato di iscrizione all’albo delle imprese artigiane, la dichiarazione annuale Iva (volume d’affari) degli anni in cui è stata svolta la prestazione, il libro cespiti, il libro unico del lavoro, oltre ad una dichiarazione sul numero dei dipendenti negli anni interessati, sull’uso di beni strumentali nello svolgimento dell’impresa, sul tipo di beni  e servizi oggetto dell’attività.

Solo così l’imprenditore artigiano potrà avere la possibilità di godere del privilegio di cui all’art. 2751 bis comma 1 n. 5 e dei vantaggi connessi, consistenti in pratica nell’aumento della possibilità di vedere soddisfatto il proprio credito verso il debitore fallito.