Il Tribunale di Bergamo, con decreto del 31.3.2015, ha omologato un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento che prevede il soddisfacimento del 2,5% dei creditori.
Ecco dunque un’interessante applicazione della legge 3/2012, che ha introdotto nell’ordinamento alcuni strumenti per definire le posizioni debitorie di privati ed imprese non fallibili: il “piano del consumatore”, l’ “accordo di composizione della crisi” e la “liquidazione del patrimonio”.
Il provvedimento qui commentato riguarda appunto un “accordo di composizione della crisi”, procedura che può essere utilizzata da un’ampia gamma di debitori in difficoltà: le piccole imprese che non hanno i requisiti per fallire (e che dunque non possono nemmeno accedere a procedure quali il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione), gli imprenditori agricoli, i professionisti, le start-up innovative, i consumatori privati. In tutti questi casi il debitore può proporre ai propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti dal contenuto più vario, prevedendo un pagamento a rate, un pagamento “a saldo e stralcio” (una percentuale del dovuto), o una combinazione di entrambe le modalità, pur nel rispetto di alcuni principi: i crediti impignorabili devono in ogni caso essere pagati integralmente, così come il credito per Iva e quello per ritenute d’acconto; inoltre i creditori muniti di ipoteca, pegno od ipoteca (per esempio la banca che ha concesso un mutuo fondiario) non possono essere pagati meno di quanto otterrebbero liquidando il bene su cui insiste la causa di prelazione.
Nel caso in questione il Tribunale di Bergamo ha considerato legittimo un accordo che proponeva il pagamento dei creditori “chirografari”, ossia non privilegiati, nella misura del 2,5%, ritenendo sufficiente una percentuale anche minima di soddisfacimento di tutti i creditori per realizzare la funzione economica dell’istituto.
In concreto il piano sottostante all’accordo prevedeva la vendita ad un soggetto terzo (la moglie) dell’unico bene posseduto dal debitore per un controvalore di euro 33.500, corrispondente al valore stimato dall’Organismo di Composizione della Crisi, che è l’organo deputato a gestire tali procedimenti; destinato tale ricavato al creditore ipotecario di primo grado, a tutti i rimanenti creditori, ipotecari di grado successivo e chirografari, parliamo di oltre 900.000 euro, veniva offerto il 2,5% (in pratica 38.400 euro) tramite apporto economico da parte di un altro soggetto terzo, la madre, che si impegnava anche a sostenere anche le spese di procedura.
Naturalmente i creditori sono stati chiamati ad esprimere il loro parere, come prevede la legge 3/2012 (occorre una maggioranza, espressa o tacita, pari almeno al 60%) ed inoltre il giudice ha verificato la reale fattibilità di quanto proposto.
Ma ciò che conta è che di fatto una persona notevolmente sovraindebitata attraverso lo strumento dell’accordo di composizione della crisi può riuscire realmente a mettere una pietra sopra il passato e a “chiudere” in via definitiva tutti i propri debiti, e questo non è un risultato da poco.